Amish in Italia: Nomadelfia
Nomadelfia, gli Amish italiani
Per coloro che amano gli Amish, può essere una piacevole sorpresa sapere che esiste in Italia una piccola comunità molto simile agli Amish. La piccola comunità si chiama Nomadelfia. La piccola comunità di Nomadelfia è composta da persone che hanno fatto la scelta di adottare uno stile di vita molto vicino ai principi Amish.

Che significa “Nomadelfia”
La parola Nomadelfia, di derivazione greca, indica un luogo dove il diritto si fonda sulla fraternità. La comunità di Nomadelfia è composta da volontari cattolici che hanno scelto di fondare il proprio stile di vita sulla fraternità evangelica.
Nomadelfia dimostra la praticità di incarnare gli insegnamenti del Vangelo in modo comunitario dedicando se stessi con tutto il cuore agli altri, attualizzando così gli ideali di equità e fratellanza che la comunità si impegna a sostenere.
Nomadelfia: un nuovo popolo
Nomadelfia è una comunità composta famiglie, single e sacerdoti e comprende una popolazione di qualche centinaio di individui. Per entrare a far parte della comunità e diventare Nomadelfi, bisogna rispondere a una chiamata, infatti l’ammissione a Nomadelfia è concessa dopo un periodo di prova di tre anni.

Componenti di Nomadelfia
Nomadelfia deve il suo primo sviluppo alle “madri” che hanno abbracciato la loro vocazione e, come una delle figure storiche e spirituali più significative, loro hanno svolto un ruolo fondamentale in questo processo. Nella comunità di Nomadelfia, una madre per vocazione è una donna sola che si dedica interamente ai giovani svantaggiati, in particolare quelli che sono considerati “figli dell’abbandono”.
Una madre, per definizione, non è una beneficiaria di assistenza sociale, né è una suora o un’insegnante professionista, ma è semplicemente una madre, un ruolo che ricopre per tutta la vita. Nella comunità di Nomadelfia, comunemente denominata “Amish Italia” i suoi abitanti lavorano senza alcun compenso monetario per sostenere la comunità, la proprietà privata è inesistente.
La comunità è una vera e propria grande famiglia, i suoi abitanti sono organizzati in gruppi, piccoli nuclei che condividono casette di legno che la stessa comunità ha costruito. Lo stile di vita degli abitanti segue il Vangelo, aderendo ai regolamenti specifici, questo stile di vita unico nasce quando fu fondata la comunità.
La vita quotidiana a Nomadelfia
A Nomadelfia i residenti consumano i pasti in una struttura che ospita tutti, oltre alla mensa anche la cucina e varie strutture di ricerca. Durante la notte, invece, gli abitanti hanno accesso a singole piccole abitazioni disposte intorno all’edificio principale per facilitare il loro riposo e relax.
Forse, scoprendo il loro modo di vivere, potremmo trovarci affascinati da loro o potrebbero ispirarci a riconsiderare vari aspetti della nostra vita che potrebbero limitare la nostra libertà.
Storia Nomadelfia
Il carisma comunitario attrae famiglie e persone che hanno preso la decisione di intraprendere un comune cammino di vita, seguendolo da vicino. L’individualità dei valori, principi e stile di vita deriva dal carisma del fondatore, Don Zeno Saltini (1900-1981).

Durante la messa inaugurale del 1931, don Zeno adottò un giovane uscito da poco dal carcere. Fu dieci anni dopo, nel 1941, che Irene Bertoni, allora liceale, si offrì volontaria per svolgere un ruolo materno nei confronti dei bambini accolti dalla canonica.
Dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, la canonica accolse nel proprio ovile coppie di sposi. Don Zeno incoraggiò a costruire il mondo in cui in seguito prospereranno le generazioni future, trasformando e affermando.
L’anno 1950 segnò il periodo successivo alla fine della guerra.
Tra il tumulto della ricostruzione e la discordia politica, Nomadelfia fornisce un faro di speranza sotto forma di un movimento politico noto come “Movimento della Fraternità Umana”. Questo movimento mira a sradicare ogni forma di sfruttamento e promuovere la democrazia diretta.
Tuttavia, nonostante le sue nobili intenzioni, l’iniziativa ha incontrò una forte opposizione, Nomadelfia in quel periodo affronta una situazione economica difficile, con una popolazione di 1150 persone, di cui 800 bambini bisognosi di cure specialistiche, e 150 ospiti senza fissa dimora e disoccupati.
Il 5 febbraio 1952, date le circostanze economiche di Nomadelfia, il Sant’Uffizio ordinò a don Zeno di allontanarsi dalla comunità. Don Zeno obbedì all’ordine e se ne andò. Non avendo altra scelta, i Nomadelfi furono costretti a lasciare Fossoli e si rifugiarono a Grosseto. Al gruppo fu concesso da Maria Giovanna Albertoni Pirelli un appezzamento di terreno di diverse centinaia di ettari, che necessitava di bonifica. Risiedevano in tende sulla terra.
Don Zeno si impegna a sostenerne i bisogni della comunità, anche se spesso si trova a dover difendere in tribunale alcuni dei suoi “figli”, sottratti alle famiglie di Nomadelfia e restituiti alla malavita.

Nel 1961 i Nomadelfi istituirono una nuova costituzione come associazione civile. Don Zeno chiese allora che la Santa Sede di poter riprendesse l’esercizio del sacerdozio. Il 22 gennaio 1962 diresse la sua “seconda prima messa”.
Durante l’anno 1965, Don Zeno propose un’innovativa idea di apostolato per i Nomadelfi, che prevedeva uno spettacolo di danza noto come le “Serate di Nomadelfia“. Il 1968 segna l’inizio di una pubblicazione mensile dal titolo “Nomadelfia è una proposta”. Nel corso di quest’anno la comunità dei Nomadelfi ha ricevuto dal Ministero della Pubblica Istruzione l’autorizzazione ad occuparsi dell’educazione dei propri figli nella scuola interna.
Nell’anno 1980 ci fu un incontro con il Papa
Quando don Zeno raggiunse gli ottant’anni, precisamente il 12 agosto 1980, i Nomadelfi offrirono una “Serata” a Giovanni Paolo II nella villa di Castelgandolfo. L’intera comunità di Nomadelfia era presente all’evento. Un momento saliente sono state le parole del Papa: “Se siamo vocati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso e un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti”.
Dopo l’incontro con il Papa, alcuni mesi dopo, muore Don Zeno a causa di un infarto, era il 15 gennaio 1981.
Dopo la scomparsa di don Zeno, otto anni dopo, Papa Giovanni Paolo II si recò personalmente a Nomadelfia per osservare e approfondire il quotidiano modo di vivere e di lavorare della comunità. Durante la sua visita, ha anche celebrato un battesimo per il membro più giovane, ed è stato intrattenuto con balli. La sua visita a Nomadelfia si è conclusa con un discorso a un pubblico di migliaia di persone, composto sia da Nomadelfi che da ex Nomadelfi e amici provenienti da tutta Italia:
“Voi sapete bene, perché don Zeno ve l’ha insegnato con la sua vita, che ad un mondo talora ostile e lontano dalla fede occorre rispondere con la testimonianza della propria vita, con opere e segni visibili di amore fraterno. Nomadelfia possiede le capacità e le conoscenze per assolvere a questo compito, in quanto è una comunità che si ispira al principio di fraternità, come dice il nome stesso. Evviva Nomadelfia!”
Nella Sala Clementina l’intera popolazione di Nomadelfia è stata ricevuta da Papa Francesco, a 27 anni dalla visita di Papa Giovanni Paolo II. Questa occasione serve come ulteriore prova che Nomadelfia è in accordo con le credenze e i principi della Chiesa.
Durante una visita apostolica il 10 maggio 2018, Papa Francesco si è recato a Nomadelfia. Mentre era a Nomadelfia, ha incontrato un gruppo di famiglie e si è rivolto alla popolazione riunita. Nel suo discorso, ha elogiato Nomadelfia come un’istituzione visionaria che cerca di promuovere una nuova civiltà, in cui il Vangelo sia attuato come uno stile di vita positiva, bella e piacevole.
Nomadelfia: i valori
I valori sono radicati negli insegnamenti della Chiesa cattolica e del Vangelo. Il principio di fraternità è ciò che ispira l’esistenza di Nomadelfia, i nomadelfi lo rendono tangibile in tutte le interazioni sociali, compresi i rapporti economici, il lavoro, e nel trattamento dei bambini.
La comprensione della fraternità è incentrata sull’importanza della dignità umana, senza questi principi fondamentali, la giustizia non può esistere. La dedizione dei Nomadelfi li spinge verso l’aspirazione di un mondo diverso da quello attuale, un mondo che costruiscono giorno dopo giorno nella loro comunità. L’avvio del cambiamento alterando le dinamiche all’interno del nostro lavoro, famiglia e connessioni sociali con coloro che ci circondano.
Secondo gli insegnamenti della Chiesa, l’umanità è una manifestazione fisica della spiritualità, destinata all’esistenza perpetua. Ogni persona ha il potenziale per ottenere la redenzione e vivere secondo il Vangelo. Il Vangelo non solo è realizzabile, ma serve anche come via più favorevole per la ricerca di Dio.
I vari bisogni dell’uomo includono esigenze materiali, spirituali, emotive, sociali ed educative, comprendendo aree come lo studio e il lavoro, crescere in una famiglia, ricevere un’istruzione adeguata e intraprendere la ricerca di Dio.
L’essenza della giustizia sociale sta nel riconoscere e onorare queste necessità fondamentali. Ogni individuo ha un innato desiderio di amore e di solidarietà, ed è responsabilità della società facilitare la realizzazione di queste aspirazioni.
Nel corso del tempo, la Chiesa ha dato significative conferme di questa percezione. Il 26 marzo 1967, ad esempio, Paolo VI conferma nella sua enciclica Populorum Progressio che la natura umana incarna un desiderio di ideali più nobili come l’amore, il cameratismo, la preghiera e l’introspezione.
Nel Messaggio ai Popoli dell’Asia, pronunciato a Manila il 29 novembre 1970, Paolo VI ha parlato di un “umanesimo integrale”, dove ha esortato gli individui a percepire l’uomo come un’entità multiforme che aspira a raggiungere valori più alti, piuttosto che solo un fisico essendo. In seguito a questo esempio, l’espressione “umanesimo integrale” è stata largamente accolta e utilizzata all’interno del magistero della Chiesa.
Il concetto di fraternità e rapporti economici
La convinzione della comunità di Nomadelfia è che nelle relazioni economiche e produttive l’attenzione deve essere posta sul mettere al centro l’umanità. Mentre i beni materiali servono come mezzo per sostenere la vita, la dignità e il rispetto per gli individui dovrebbero sempre avere la precedenza.
Il diritto alla proprietà non è un privilegio arbitrario o esclusivo; è una responsabilità che richiede un’amministrazione coscienziosa. Dobbiamo riconoscere che ciò che possediamo è un dono di Dio e, come tale, dobbiamo rendere conto a Dio di come lo usiamo.
Come membri di una comunità, non possiamo ignorare le necessità dei nostri fratelli e sorelle. È nostra responsabilità collettiva essere consapevoli e rispettosi di ciò che accade nei nostri ambienti individuali e sociali.
Per questo Nomadelfia ha adottato il concetto di povertà evangelica, che sottolinea l’importanza di vivere modestamente e di possedere solo l’essenziale per un tenore di vita dignitoso. Il principio della destinazione universale dei beni, come delineato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, è conforme a questi principi.
Lavorare insieme in fratellanza
Il lavoro è un aspetto essenziale, garantisce sostentamento, appagamento e facilita la collaborazione con Dio e con gli altri esseri umani per preservare l’ambiente e costruire una società a beneficio di tutti. La comunità di Nomadelfia aspira a vedere il lavoro come un gesto d’amore verso il prossimo, un’estensione dell’amore divino che lo spinge in avanti.
Il lavoro va oltre il semplice lavoro fisico, poiché comporta l’accudimento di un bambino o la compagnia di una persona anziana, oltre a coltivare un campo o costruire mobili. La dignità assoluta di ogni opera è incommensurabile e inestimabile per il suo valore infinito.
Mostrando fratellanza e gentilezza a coloro che sono più giovani
Per consentire a ogni bambino di prosperare e crescere come individuo, i Nomadelfi forniscono loro le risorse necessarie. La principale tra queste risorse è l’amore, il calore e l’affetto di cui ogni bambino ha bisogno per crescere bene. Inoltre, i bambini hanno bisogno di alcuni punti di riferimento che li guidino nel loro sviluppo. È loro diritto fondamentale avere accesso a un tale ambiente.
È un atto di giustizia e di vera fraternità prendersi cura dei giovani senza famiglia, perché ogni bambino è figlio di Dio ed è responsabilità di tutti assicurare il loro futuro. Ogni bambino ha il diritto di ricevere lo stesso livello di affetto, con uguale significato e immediatezza.
La responsabilità dell’educazione è condivisa da tutti. Gli studi hanno dimostrato che la propria personalità è ampiamente influenzata dall’ambiente e dalle circostanze in cui si cresce. I bambini imparano attraverso l’osservazione e l’esperienza; in quanto tali, gli adulti fungono da loro principali esempi e mentori.
Quando don Zeno pronunciò le parole “Io cambio civiltà, a cominciare da me stesso”, era un invito all’azione che risuona ancora oggi in tutta la comunità di Nomadelfia. Nonostante la convinzione della società dell’importanza della giustizia e della fratellanza, abbracciare pienamente questi valori nella nostra vita quotidiana.
Per i giovani, il lavoro è una preoccupazione importante in quanto non solo fornisce un mezzo di sostentamento per se stessi e le loro famiglie, ma serve anche come fonte di realizzazione personale. Purtroppo il lavoro è diventato un privilegio di cui possono godere solo pochi, e questo spesso a costo di trascurare altri aspetti importanti della vita come la cura dei bambini e degli anziani.
Il valore più diffuso, accettato e incoraggiato della società è la ricerca individualistica della ricchezza materiale, anche se paradossalmente contribuisce all’ampliamento del divario nelle opportunità di vita tra classi sociali e paesi. La sensazione di essere isolati e frustrati si infiltra inevitabilmente nella propria famiglia e nei legami sociali.
Mentre c’è stata un’ondata di organizzazioni e gruppi di volontariato che mirano a porre rimedio ai problemi che affliggono il mondo, rimane insufficiente in quanto i problemi di fondo della società Nomadelfia devono essere affrontati direttamente.
Sebbene non possiamo trasformare il mondo all’istante, possiamo però avviare il cambiamento alterando il nostro lavoro, la famiglia e le connessioni sociali con coloro che ci circondano.
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