Attacchi di panico: sintomi
Sintomi attacchi di panico
Il disturbo di panico terminologia che descrive la condizione dei soggetti colpiti da frequenti attacchi di panico si palesa con un corteo di sintomi, che provocano angoscia e terrore in quanto non solo fisici ma anche cognitivi. La principale paura delle persone colpite da questa problematica è che un nuovo attacco possa colpirli in modo più intenso, e che non saranno in grado di dominarlo o gestirlo al meglio.

Da quanto raccontato da coloro che hanno avuto un attacco di panico, si ripete nelle loro descrizioni il riferimento ad un tipo di esperienza spaventosa ed incontrollabile che ha lasciato addosso la paura di morire o di non riuscire a prendere il controllo di sé. Nella maggior parte dei casi i soggetti che ne soffrono finiscono per diventare “schiavi” del panico.
Attacchi di panico: che cosa sono e come si manifestano
La società moderna ha esposto molti soggetti, di un ampio ventaglio d’età, a ricorsive crisi di panico che si manifestano episodicamente ed all’improvviso, in presenza di situazioni stressanti che innescano ansia e paura che finiscono per avere il sopravvento su mente e corpo, con una serie di sintomi non solo somatici ma anche di natura cognitiva. La sintomatologia degli attacchi di panico ricorda quella dell’infarto con: dolore al petto, palpitazioni, aumento della sudorazione, senso di soffocamento, tremore, brividi o vampate, vertigini e nausea.
In genere, dopo un primo episodio, gli attacchi possono ripetersi per la stessa suggestione dell’individuo che si lascia prendere dalla paura, pensando che possa ripetersi quell’evento terribile che genera una progressione di paura e stato ansiogeno.
Il disturbo di panico si sviluppa spesso a causa della paura di poter sperimentare un nuovo attacco, innescando così una sorta di concatenazione di fobie, e quella più frequente è l’agorafobia, che spinge a non frequentare luoghi affollati ed a non sperimentare situazioni pubbliche in cui potrebbe sorgere un inaspettato attacco di panico. Gli attacchi di panico posso presentarsi il qualsiasi momento della vita, anche il gravidanza, ne parliamo in questo articolo su come gestire attacchi di panico in gravidanza.
La fobia ed il costante stato ansiogeno finiscono per avere un impatto su socialità ed abitudini quotidiane: il soggetto ha paura ad uscire di casa oppure di mettersi in viaggio, soprattutto se deve prendere i mezzi pubblici.
Coloro che soffrono di crisi di panico cercano di evitare situazioni in cui il contatto con gli altri li espone a disagio ed ansia, così si tengono lontani da folle ed eventi sociali. La loro ricorrente preoccupazione è legata anche alle possibili conseguenze associate agli attacchi d’ansia, per questo cambiano le abitudini ed il comportamento.
Interagire con un soggetto che soffre di un simile disturbo non è semplice, ed infatti anche l’impatto sugli altri è foriero di frustrazioni, che può esporre anche ad una conseguenza ricorrente: la depressione secondaria.
Qual è la principale caratteristica del disturbo di panico?
Il disturbo da attacchi di panico classificato con le sigle PA/s o PD/s, che si riferiscono alla terminologia inglese “panic attack/s” o “panic disorder”, secondo la definizione fornita dal manuale diagnostico dei disturbi mentali è una forma clinica che rientra nell’ambito dei disturbi d’ansia. La principale caratteristica delle crisi di panico è l’intensità degli stati di ansia, a cui si accompagna una serie di sintomi di tipo psicologici e fisico, dalla manifestazione imprevedibile e ricorrente.
Per classificare il disturbo sotto questa denominazione è necessario che gli eventi di escalation di ansia inaspettata si siano ripetuti per circa un mese, nel corso del quale il soggetto ha palesato una preoccupazione continua di avere un altro attacco e perciò si tiene alla larga, anche ossessivamente, da luoghi ed eventi che potrebbero innescarli.
Dopo essere stati spiazzati e spaventati da un attacco inaspettato, i soggetti si rivolgono al pronto soccorso, dove dopo aver escluso un possibile infarto, si procede con l’individuazione del quadro clinico.
Disturbo di panico: come si effettua la diagnosi
Oggi la diagnosi del disturbo di panico è diventata più agevole, e per la corretta identificazione si prendono in considerazione almeno due episodi inaspettati, in associazione ad una costante preoccupazione che accompagna i soggetti, i quali temono le implicazioni ed il verificarsi di un nuovo episodio inaspettato.
“La paura della paura”: così si spiega questa forma di angoscia nei confronti di un eventuale prossimo attacco, di cui si temono effetti ed implicazioni, e che determina spesso lo sviluppo dell’agorafobia: in tal caso si formula la diagnosi di disturbo di panico con agorafobia.
Non solo periodi particolarmente stressanti, ma anche degli eventi personali possono esporre al rischio di rimanere imbrigliati da un attacco di panico. Tra i fattori che più comunemente si sono rintracciati come cause scatenanti si segnalano:
- problemi finanziari
- problemi professionali
- divorzio, convivenza o matrimonio
- lutti importanti
- malattie gravi personali o di una persona cara
- l’aver subito una violenza
- situazioni agorafobiche
- condizioni climatiche
- droghe psicoattive
Quali sono i sintomi associati degli attacchi di panico?
L’escalation a cui va incontro un attacco di panico fa registrare il suo culmine in genere entro 10 minuti dal suo esordio, mentre la durata può essere inferiore o superiore ai 20 minuti. In questo arco di tempo solitamente il soggetto percepisce i seguenti sintomi:
- Senso di asfissia, che fa percepire una morsa in gola
- Pressione o dolore al petto
- Palpitazioni o tachicardia
- Sensazione di soffocamento
- Senso di sbandamento
- Capogiri o vertigini
- Tremori o scosse
- Sudorazione
- Brividi o vampate di calore
- Intorpidimento o formicolio
- Nausea
- Senso di depersonalizzazione o di derealizzazione
- Paura di morire, timore di perdere il controllo o paura di impazzire
Come si manifestano i sintomi del panico
La crisi di panico si manifesta in modo variabile, e non tutti i sintomi sono sempre presenti, ma questo non esclude la diagnosi di un attacco di panico. In alcuni casi si palesano solo alcuni sintomi inoltre l’intensità e la frequenza della sintomatologia risultano differenti, per quanto riguarda andamento e durata.
Possono registrarsi poi episodi moderatamente frequenti e regolari, mentre in altri casi i soggetti possono sperimentare attacchi più frequenti e meno intensi, per durata e sintomi. Non mancano poi crisi di panico scandite da episodi acuti, a cui si alternano periodi di assenza di attacchi o con manifestazioni meno frequenti.
Sotto l’etichetta di disturbo di panico sono inclusi anche gli attacchi paucisintomatici, con manifestazione di alcuni tipici disagi del panico, senza però sfociare nell’apice di un vero attacco. Spesso chi risente del quadro dei sintomi paucisintomatici va incontro a degli attacchi completi che includono le classiche avvisaglie del disturbo durante la crisi in corso.
Preoccupazioni ricorrenti innescate da un attacco di panico
Il totale coinvolgimento psicosomatico durante un disturbo d’ansia, porta gli individui a formulare in modo automatico dei pensieri funesti e fuori controllo. La paura e le preoccupazioni inducono a pensare che ogni attacco possa essere potenzialmente pericoloso.
Prima di scoprire la propria condizione, alcuni soggetti temono che le manifestazioni provate nel corso di una crisi di panico possano essere la spia di una condizione patologica, anche se gli esami medici non denunciano alcuna malattia. La letteratura clinica segnala anche casi di pazienti che vivono i sintomi come il segno di una condizione emotiva non stabile, che li sta portando a perdere il controllo e temono così di impazzire.
Attacchi di panico: cure e terapie
La psicoterapia ad oggi si dimostra la strada più vantaggiosa per aiutare i pazienti colpiti da attacchi di panico, sia nel caso dell’associazione ad agorafobia, sia in presenza di disturbi d’ansia di tipo più generale. Tra le tante opzioni offerte dall’approccio psicoterapeutico, la soluzione più efficace è rappresentata dalla branca cognitivo-comportamentale.
In tal caso lo specialista dopo aver preso visione del quadro dell’individuo pianifica delle sedute settimanali, nel corso delle quali supporta il paziente a trovare la soluzione del disturbo, dopo che ne ha preso consapevolezza e conoscenza.
Paziente e terapeuta devono quindi collaborare per trovare la cura, analizzando i pensieri ed il comportamento del soggetto che innescano le crisi di panico, con lo scopo così di rompere il circuito che scatena il disturbo d’ansia.
La crisi di panico trova nella terapia cognitivo-comportamentale il trattamento più efficace e dai risultati più soddisfacenti, in più permette di evitare in ricorso a farmaci. Attualmente questa forma di trattamento è quella maggiormente raccomandata dalla comunità medico-scientifica per la cura degli attacchi e del disturbo di panico in generale.
Psicoterapia: le tecniche e le strategie adoperate per trattare il disturbo
Tecniche di tipo cognitivo
Per aiutare il paziente a gestire l’ansia imparando a non aver paura di anomali sentori psicofisici, lo specialista adopera delle strategie verbali atte a trasformare i pensieri negativi nel loro contrario e respingere così timori ed angoscia. Imparando a dominare ansie e paura, si avrà la capacità di non andare in panico.
Approccio comportamentale
La psicoterapia fa familiarizzare i pazienti con delle specifiche tecniche, con cui modificare quella tipologia di comportamenti che attivano il disturbo, cercando anche di contrastare la propensione a rifuggire da situazioni vissute con timore in quanto potrebbero dare il via ai sintomi.
Il soggetto viene anche esortato ad affrontare i propri sintomi e le sensazioni psicosomatiche che lo mettono in allerta, attraverso ad esempio la ripresa delle sue vecchie abitudini. La normalità deve essere reimpostata gradualmente: il soggetto deve tornare in modo lento ma decisivo a riappropriarsi della sua vita, abbandonando quelli che sono stati i comportamenti protettivi per non uscire dalla barricata di una sicurezza illusoria.
Strategie per rilassarsi e tecniche esperienziali
Tra gli strumenti della psicoterapia, usati per trattare il disturbo di panico ci sono anche strategie che favoriscono il rilassamento permettendo all’individuo l’accettazione di pensieri ed emozioni negativi. Oltre alla meditazione mindfulness, si suggeriscono delle tecniche esperienziali.
Riuscire ad avere maggiore controllo su ansia ed emotività
Per riuscire a sbarazzarsi dal timore degli attacchi di panico è necessario recuperare la propria libertà e poi riuscire ad avere la meglio sul problema, diventando consapevoli di fattori ed eventi che hanno dato vita al circolo vizioso.
È fondamentale quindi ricostruire le tappe che hanno generato il disturbo, individuando gli eventuali retroscena e legami associati alla sfera professionale, privata e sociale oppure traumi. Nel corso di tale approccio si possono utilizzare anche tecniche di elaborazione a livello emotivo (EMDR).
Quando prendere in considerazione la terapia farmacologica per gli attacchi di panico?
La terapia farmacologica del disturbo panico non rappresenta la prima cura, si preferisce la via della psicoterapia, ma in alcuni casi i medici possono ritenere più opportuno il ricorso ai farmaci. Nella maggior parte dei casi si prescrivono le classi farmacologiche delle benzodiazepine e degli antidepressivi, spesso in combinazione e come cura temporanea, per evitare lo sviluppo di dipendenze e per scongiurare il ripetersi di attacchi.
Spesso i medici associano alla terapia farmacologica, per il trattamento degli attacchi di panico e dell’agorafobia, sedute di psicoterapia per evitare possibili conseguenze. Negli ultimi anni la cura a base di antidepressivi ha ottenuto dei risultati positivi sui soggetti affetti da disturbi di panico.
Tra i presidi medici maggiormente prescritti ci sono: gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina – SSRI; i triciclici – TCA; gli inibitori delle mono amino ossidasi (IMAO). Farmaci come escitalopram, sertralina, paroxetina, citalopram, fluoxetina, fluvoxamina hanno dimostrano una ridotta casistica di effetti collaterali ed una maggiore semplicità d’uso.
Nel caso in cui la terapia con SSRI non dà risvolti positivi, in campo medico si impiegano i TCA, invece la classe dei farmaci IMAO, nonostante la sua efficacia, attualmente è quasi caduta in disuso per via degli effetti collaterali che ha fatto registrare.