Bi Test gravidanza: le 5 cosa che devi sapere
Prima di sottoporsi ad un esame come il Bi Test, le donne incinte dovrebbero essere ben informate sulle modalità di esecuzione dell’indagine ma anche sulle informazioni che esso mette a disposizione sullo stato di salute del feto.

Questo esame di screening (Bi Test) detto anche test combinato (Ultra-screen), non è invasivo e si esegue per stimare la probabilità di rischio di alcune anomalie cromosomiche fetali, dimostrandosi altamente attendibile per individuare la sindrome di Down.
Gli esperti in ginecologia ed ostetricia del Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro, hanno riassunto quali sono le informazioni centrali da conoscere indicando i 5 principali dati da conoscere prima di sottoporsi allo screening prenatale nel primo trimestre.
1. Bi Test cosa rileva e come funziona
L’esecuzione del Bi Test permette di rilevare il dosaggio di due proteine: Free Beta-HCG e PAPP-A, a partire da un semplice prelievo di sangue e da un’ecografia addominale che permette di misurare la translucenza nucale. Una volta ottenuti i dosaggi e rilevato il parametro ecografico si confrontano tali dati con quelli delle mediane di riferimento per ottenere un indice di rischio che si esprime con un valore in percentuale o frazione.
In presenza di anomalie cromosomiche così come di anomalie della placenta i livelli della Beta-HCG e della PAPP-A vanno incontro a delle variazioni. Dai dati statistici emerge che la trisomia 21 o sindrome di Down, risulta essere l’anomalia cromosomica di maggiore incidenza alla nascita. In presenza di livelli aumentati della Beta-HCG e di una diminuzione della PAPP-A si rileva un aumentato rischio di anomalia cromosomica.
2. Quando effettuare l’indagine in gravidanza
Per ottenere dei risultati attendibili il dosaggio delle proteine come la translucenza nucale devono essere eseguiti in un preciso periodo della gestazione, ossia tra la undicesima e la tredicesima settimana di gravidanza. È importante che l’indagine si esegua in quest’epoca gestazionale, per poter così rilevare una visualizzazione più nitida della plica nucale consentendo un migliore dosaggio ematico.
3. Il livello di attendibilità
Anche se il test in questione non assicura una diagnosi certa, è in grado comunque di esprimere il rischio a livello fetale di un possibile difetto cromosomico: di fatto in presenza di un maggiore spessore della translucenza nucale si evidenza un più alto rischio.
A differenza delle indagini invasive che si possono prescrivere in gravidanza, il Bi Test consente di individuare anche delle malformazioni come nel caso delle cardiopatie congenite che si riscontrano fin dalla nascita, così come le anomalie scheletriche oppure eventuali sindromi genetiche.
Se l’indagine viene condotta in modo corretto, la combinazione tra prelievo del sangue e translucenza nucale assicura un alto livello di attendibilità pari al 90-95%. Si precisa che si parla di “attendibilità” in quanto si rileva il grado di probabilità di rischio, poiché manca la certezza.
Detto questo quindi in presenza di un esito negativo si può rilevare un rischio ridotto anche se non si annulla, invece la positività non implica in assoluto che il feto risulti affetto da anomalie, perciò è opportuno eseguire degli approfondimenti diagnostici che chiamano in causa delle procedure invasive oppure la ricerca del DNA fetale a partire dal prelievo ematico della madre.
4. I vantaggi offerti dal Bi Test
In ambito medico si consiglia quest’indagine diagnostica per appurare il benessere fetale evitando il ricorso ad un esame invasivo che espone a rischi da non trascurare per madre e feto, tenendo poi conto che questo esame è raccomandato principalmente alle gestanti di età maggiore a 35 anni, visto che l’età avanzata della gestante espone ad un rischio più alto di anomalie.
5. Il test non è invasivo né doloroso, e non espone a rischi il nascituro
Il prelievo ematico non è doloroso, e per quanto riguarda la translucenza nucale, essa non comporta alcun disturbo dal momento che si tratta di un’indagine ecografica in tutto e per tutto